Marcus R, et al. N Engl J Med 2017; 377: 1331–1344
Abstract
Obinutuzumab per il trattamento del linfoma follicolare in prima linea

Introduzione

Schemi di terapia che includono l’associazione con rituximab hanno permesso di migliorare l’outcome di pazienti affetti da linfoma follicolare (FL). Obinutuzumab è un anticorpo monoclonale di tipo II anti-CD20. In questo lavoro gli Autori hanno riportato i risultati della comparazione tra il trattamento di immunochemioterapia di prima linea con rituximab chemioterapia e quelli con obinutuzumab associato a chemioterapia in pazienti non precedentemente trattati.

Pazienti e metodi

Nello studio i pazienti venivano randomizzati a ricevere un’induzione con obinutuzumab più chemioterapia o rituximab più chemioterapia. I pazienti che ottenevano almeno una risposta parziale venivano avviati a trattamento di mantenimento per due anni con lo stesso anticorpo monoclonale anti-CD20 utilizzato nella fase di induzione. L’obiettivo primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (PFS). (F. Hoffmann-La Roche; GALLIUM ClinicalTrials.gov, numero NCT01332968.)

Risultati

Nel trial 1202 pazienti affetti da FL sono stati randomizzati nei due gruppi di trattamento (601 pazienti per ciascun braccio). Dopo una mediana di follow-up di 34,5 mesi (intervallo, 0–54,5), l’analisi interim programmata ha dimostrato un significativo minor rischio di progressione, recidiva o morte nel braccio con obinutuzumab rispetto a quello con rituximab (la PFS stimata a 3 anni è stata di 80,0 vs 73,3%; hazard ratio (HR) per progressione, recidiva, o morte, 0,66; 95% CI, 0,51–0,85; p=0,001). Risultati simili sono stati registrati da un panel di revisori indipendenti per quanto concerne sia la PFS sia l’event-free survival (EFS). Il rate di risposte è stato simile nei due gruppi: 88,5% nel gruppo obinutuzumab e 86,9% nel gruppo rituximab. Gli eventi avversi di grado 3-5 sono stati più frequenti nel gruppo obinutuzumab rispetto a quello con rituximab (74,6 vs 67,8%), così come gli eventi avversi seri (46,1 vs 39,9%). La percentuale di morti per eventi avversi è stata simile nei due gruppi (4,0% nel gruppo obinutuzumab e 3,4% in quello con rituximab). L’evento avverso più comune è stato quello legato alle reazioni durante l’infusione di anticorpo monoclonale largamente più frequenti nel gruppo con obinutuzumab: 353 su 595 pazienti (59,3%; 95% CI, 55,3–63,2) e 292 su 597 pazienti (48,9%; 95% CI, 44,9–52,9; p <0,001) nel gruppo con rituximab. Nausea e neutropenia sono stati registrati come eventi comuni. Nel gruppo obinutuzumab ci sono stati 35 decessi (5,8%) mentre nel gruppo rituximab ce ne sono stati 46 (7,7%).

Conclusioni

Lo schema di immunochemioterapia di induzione e il successivo mantenimento contenenti obinutuzumab hanno dimostrato di ottenere una PFS significativamente superiore rispetto alla stessa strategia terapeutica con rituximab. Gli eventi avversi di grado severo (3-4) sono stati più frequenti nella coorte di pazienti trattati con obinutuzumab.