Numero speciale di "Impact Factor News” n° 3 - Ottobre 2014
Background
Lenalidomide è un agente immunomodulatorio con un’attività terapeutica nella leucemia linfatica cronica (CLL). In modelli preclinici, lenalidomide ha dimostrato di agire in modo sinergico con rituximab. Il CLL Research Consortium ha quindi avviato uno studio di fase II per valutare il trattamento di combinazione nel setting della terapia di prima linea.
Pazienti e metodi
Il dosaggio iniziale di lenalidomide è stato fissato a 2,5 mg/die, dose che è stata progressivamente incrementata in base alla tollerabilità fino a un massimo di 10 mg/die, per cicli di 21 giorni per un massimo di 7 cicli. Rituximab è stato somministrato alla fine del ciclo 1 e per i 6 cicli successivi. I pazienti hanno ricevuto allopurinolo e ASA di profilassi. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi (bracci) in base all’età.
Risultati
In questo studio sono stati arruolati 69 pazienti affetti da CLL; l’età mediana è stata di 56 e 70 anni rispettivamente nel braccio A e B. I pazienti del gruppo più anziano presentavano molto più frequentemente elevati livelli di beta-2 microglobulina, stadio di RAI high-risk e non riuscivano a completare i 7 cicli pianificati. Gli eventi avversi erano simili nei due gruppi. La tossicità non ematologica è stata soprattutto di grado 1-2, la neutropenia è stato l’evento avverso ematologico più frequente. Il rate di risposte nel braccio A è stato del 95%, con il 20% di risposte complete (CR) e il 20% di risposte parziali nodali. Dei pazienti appartenenti al gruppo B, il 78% ha ottenuto una risposta con un rate di remissioni complete di 11% (Tabella 1). La sopravvivenza mediana libera da malattia è stata di 19 mesi nel gruppo di pazienti giovani e di 20 mesi in quella del gruppo anziani.
Conclusioni
Gli Autori concludono che l’incremento di dose per singolo paziente è stato sicuro. La maggior parte dei pazienti ha raggiunto la dose massima di lenalidomide e ha ottenuto una risposta oggettiva dopo una terapia di 7 cicli.
Nonostante le differenze cliniche al baseline la risposta in termini di PFS non è stata differente nelle due coorti di pazienti (Figura 1).