Numero speciale di "Impact Factor News” n° 4 - Ottobre 2020
Introduzione
I pazienti con leucemia mieloide acuta (AML) con mutazione internal tandem duplication nel FMS-like tyrosine kinase 3 gene (FLT3-ITD) mantengono una prognosi sfavorevole anche dopo essere stati sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (HCT) con elevato rischio di recidiva. Sul Journal of Clinical Oncology sono stati pubblicati i risultati dello studio SORMAIN, disegnato per valutare se l’inibitore di FLT3 sorafenib, somministrato come terapia di mantenimento dopo HCT, possa ridurre tale rischio.
Metodi
Lo studio di fase II randomizzato, in doppio cieco con placebo, ha arruolato 83 pazienti adulti affetti da AML con mutazione FLT3-ITD in remissione ematologica completa dopo HCT. I pazienti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere sorafenib (N=43) o placebo (N=40) per 24 mesi. L'età mediana per l’intera coorte di pazienti era 54 anni e i due gruppi di trattamento erano ben bilanciati per età, rischio citogenetico e molecolare e stato di malattia al trapianto. L'endpoint primario di questo studio era la relapse-free survival (RFS). La ricaduta era definita come ricaduta o morte, qualunque cosa accadesse per prima.
Risultati
Con un follow-up mediano di 41,8 mesi, la RFS mediana non è stata raggiunta nel gruppo sorafenib, mentre era di 31 mesi nel gruppo placebo. L'hazard ratio (HR) per recidiva o morte nel gruppo sorafenib rispetto al gruppo placebo era 0,39 (95% CI 0,18–0,85; log-rank p=0,013). La probabilità di RFS a 24 mesi era del 53,3% con placebo (95% CI 0,36–0,68) rispetto all'85,0% con sorafenib (95% CI 0,70–0,93) (HR 0,256; 95% CI 0,10–0,65; log-rank p=0,002). Dopo un follow-up mediano di 55,1 mesi, la overall survival (OS) mediana non era stata raggiunta in entrambi i gruppi. La stima di sopravvivenza a 24 mesi era del 90,5% nel gruppo sorafenib (95% CI 0,77–0,96) e del 66,2% nel gruppo placebo (95% CI 0,49–0,79), con un HR di 0,24 (95% CI 0,08–0,74, p=0,007) (Figura 1). Il beneficio di sorafenib è stato particolarmente evidente nei pazienti con positività della malattia minima residua (MRD) post-trapianto allogenico. I dati esplorativi mostrano che i pazienti con MRD non rilevabile prima dell’HCT e quelli con MRD rilevabile dopo HCT traggono i maggiori benefici da sorafenib.
Conclusioni
La terapia di mantenimento con sorafenib dopo trapianto allogenico è fattibile e riduce significativamente il rischio di recidiva e morte nelle AML FLT3-ITD-positive, suggerendo come la terapia di mantenimento con sorafenib per due anni possa diventare il nuovo standard di trattamento in questo sottogruppo di pazienti a prognosi sfavorevole.