Numero speciale di "Impact Factor News” n° 1 - Aprile 2018
Introduzione
L’associazione di rituximab alla chemioterapia standard ha decretato un miglioramento significativo della sopravvivenza nei pazienti affetti da linfoma follicolare. Obinutuzumab è un anticorpo monoclonale anti-CD20 di seconda generazione.
In questo trial di fase III gli sperimentatori hanno voluto comparare l’efficacia di obinutuzumab in combinazione a chemioterapia con il trattamento standard di immunochemioterapia con rituximab in pazienti affetti da linfoma follicolare high tumor burden in prima linea.
Pazienti e metodi
Gli sperimentatori hanno assegnato i pazienti ai due gruppi obinutuzumab-chemioterapia (A) rituximab-chemioterapia (B). I pazienti che avevano ottenuto una risposta al trattamento ricevevano un mantenimento con lo stesso anticorpo del random per due anni ogni due mesi. L’obiettivo primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (PFS).
Risultati
Un totale di 1202 pazienti con linfoma follicolare sono stati randomizzarti (601 pazienti in ciascun gruppo). Dopo una mediana di follow-up pari a 34,5 mesi (range 0–54,5), l’analisi interim pianificata ha dimostrato come il braccio A ottenga una significativa riduzione del rischio di progressione rispetto al gruppo B, un rischio significativamente ridotto di recidiva o di morte (la PFS stimata a 3 anni dell’80,0 vs 73,3%; hazard ratio (HR) di progressione, recidiva o morte: 0,66; 95% intervallo di confidenza (CI), 0,51–0,85; p=0,001). Analoghi risultati sono stati prodotti da un panel di revisori indipendenti sia in termini di PSF sia di altri obiettivi. Il rate di risposte è stato simile nei due gruppi (88,5% nel gruppo A e 86,9% nel gruppo B). Per quanto riguarda le tossicità il numero di eventi avversi è stato più numeroso nel gruppo A rispetto al gruppo B (74,6 vs 67,8%), così come il numero di eventi avversi seri (46,1 vs 39,9%). Il numero di decessi è stato simile nei due gruppi (4,0% nel gruppo A e 3,4% nel gruppo B). Il più comune evento avverso si è configurato nelle reazioni legate all’infusione dell’anticorpo che sono state largamente superiori nel gruppo A obinutuzumab: 353/595 pazienti (59,3%; 95% CI, 55,3–63,2) rispetto al gruppo B rituximab: 292/597 pazienti (48,9%; 95% CI, 44,9–52,9; p <0,001). La nausea e la neutropenia sono state eventi comuni. Nel gruppo A sono deceduti 35 pazienti (5,8%) e nel gruppo B 46 (7,7%) (Tabella 1).
Conclusioni
Gli autori concludono che l’associazione obinutuzumab-chemioterapia associata a mantenimento porti a una superiore PFS rispetto allo standard di immunochemioterapia con rituximab. Lo schema di associazione obinutuzumab-chemioterapia ha un profilo di sicurezza inferiore rispetto al trattamento standard.