Numero speciale di "Impact Factor News” n° 1 - Aprile 2023
Introduzione
Gli inibitori di JAK finora approvati per il trattamento della mielofibrosi determinano una riduzione della splenomegalia e dei sintomi ma non hanno un impatto significativo sull'anemia. Momelotinib è un inibitore, first-in-class, del recettore dell'attivina A di tipo 1 (ACVR1), di JAK1 e di JAK2, che si è dimostrato efficace nel ridurre i sintomi caratteristici, l’anemia e la splenomegalia nei pazienti con mielofibrosi. Su Lancet sono stati presentati i risultati del trial di fase III condotto in pazienti con mielofibrosi a rischio intermedio o alto, già esposti agli inibitori di JAK-2, per valutare la sicurezza e l'efficacia di momelotinib sulle principali manifestazioni della malattia (sintomi costituzionali, trasfusioni di sangue e splenomegalia) rispetto a danazolo.
Metodi
MOMENTUM è uno studio randomizzato internazionale di fase III, in doppio cieco, che ha confrontato momelotinib con danazolo in pazienti di almeno 18 anni affetti da mielofibrosi (primaria o post-policitemia vera o post-trombocitemia essenziale), già trattati in precedenza con un inibitore di JAK2 approvato, con malattia sintomatica (punteggio totale dei sintomi, TSS ≥100), anemici (Hb <10 g/dL) e con una conta piastrinica almeno di 25x109/L. I pazienti sono stati assegnati in modo casuale (2:1) a ricevere momelotinib (200 mg per via orale una volta al giorno) più placebo (gruppo momelotinib) o danazolo (300 mg per via orale due volte al giorno) più placebo (gruppo danazolo). Il crossover dal trattamento con danazolo a momelotinib è stato consentito in caso di progressione di malattia confermata. La stratificazione è avvenuta in base al TSS (<22 vs ≥22), alle dimensioni della milza (<12 cm vs ≥12 cm), al numero di unità di globuli rossi trasfusi nelle otto settimane (0 unità vs 1–4 unità vs ≥5 unità) e in base alla sede dello studio. L'endpoint primario è stato il tasso di risposta alla settimana 24, definito come una riduzione ≥50% del TSS medio rispetto al basale secondo il Myelofibrosis Symptom Assessment Form (MFSAF) alla settimana 24. Gli endpoints secondari comprendevano l’indipendenza dal supporto trasfusionale e il tasso di riduzione della splenomegalia, sempre alla settimana 24.
Risultati
Nello studio sono stati trattati 195 pazienti, 130 (67%) nel gruppo momelotinib e 65 (35%) nel gruppo danazolo, per un periodo di 24 settimane tra aprile 2020 e dicembre 2021. La percentuale di pazienti che ha ottenuto una riduzione del TSS pari o superiore al 50% è stata significativamente maggiore nel gruppo momelotinib rispetto al gruppo danazolo (25 vs 9%, p=0,0095) (Figura 1).
Momelotinib ha, inoltre, soddisfatto gli endpoints secondari chiave, tra cui il tasso di indipendenza trasfusionale, con livelli di emoglobina superiori a 8 g/dL e con un tasso di indipendenza dalle trasfusioni del 31 contro 20% (p=0,0064 one-sided di non inferiorità) e tassi di riduzione del volume della milza ≥35% alla settimana 24 rispetto al basale (SRR35) del 23,1 contro 3,1% (p=0,0006). Per quanto riguarda gli eventi avversi, la maggior parte degli eventi di grado 3 o superiore sono state le anomalie ematologiche, sia con momelotinib sia con danazolo (anemia al 61 e 75%, rispettivamente, e trombocitopenia al 28 e 26%). Gli eventi avversi non ematologici correlati al trattamento e di grado ≥3 sono stati il danno renale acuto (3 e 9%) e la polmonite (2 e 9%).
Conclusioni
Il trattamento con momelotinib, rispetto a danazolo, ha determinato miglioramenti clinicamente significativi nei sintomi associati alla mielofibrosi, nel grado di anemia e nella riduzione della splenomegalia, con un profilo di sicurezza favorevole. Questi risultati supportano l'uso futuro di momelotinib nel trattamento dei pazienti con mielofibrosi, soprattutto in quelli con anemia.