Numero speciale di "Impact Factor News" n° 2 - Aprile 2025
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Loncastuximab in combinazione con rituximab nei pazienti con linfoma follicolare recidivato o refrattario (R/R): studio di fase 2 monocentrico e a braccio singolo
Introduzione
Dati preliminari suggeriscono un'attività promettente di loncastuximab nel linfoma follicolare (FL) e un'attività sinergica tra citotossicità indotta da rituximab e loncastuximab. In questo studio, gli sperimentatori hanno valutato loncastuximab in combinazione con rituximab per il trattamento del FL a partire dalla seconda linea.
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Follow-up a lungo termine di tre anni di mosunetuzumab nel linfoma follicolare recidivato o refrattario (R/R) dopo due o più terapie precedenti
Introduzione
Mosunetuzumab è un anticorpo bispecifico che lega le cellule T CD20×CD3, reindirizzandole per eliminare le cellule B maligne. In questo lavoro vengono presentati i dati aggiornati sull'efficacia e sulla sicurezza di uno studio fondamentale di fase 1/2 dopo un follow-up mediano di 37,4 mesi in 90 pazienti con linfoma follicolare (FL) R/R e ≥2 linee di terapia precedenti, trattati con mosunetuzumab a durata fissa.
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Combinazioni di acalabrutinib a durata fissa nella leucemia linfatica cronica non pretrattata
Introduzione
Non è noto se acalabrutinib-venetoclax a durata fissa (con o senza obinutuzumab) si traduca in una migliore sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto alla chemioimmunoterapia nei pazienti con leucemia linfatica cronica (LLC) non trattata.
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Studio di fase 2 su acalabrutinib, venetoclax e obinutuzumab in pazienti affetti da leucemia linfatica cronica ad alto rischio per fattori prognostici negativi e naïve al trattamento
Introduzione
Lo studio AMPLIFY ha recentemente stabilito che acalabrutinib-venetoclax-obinutuzumab (AVO) a durata fissa costituisce una nuova opzione di cura standard per i pazienti con leucemia linfatica cronica (LLC) non trattata in precedenza con TP53 wild type (WT); tuttavia, a causa del braccio di controllo della chemioimmunoterapia, AMPLIFY ha escluso i pazienti con aberrazione di TP53 ad alto rischio, per i quali gli standard di cura attuali sono la terapia continua con inibitori della tirosin-chinasi di Bruton (BTKi) o, in alternativa, doppiette a base di venetoclax a durata fissa. AVO non è stato precedentemente valutato nei pazienti con LLC e aberrazione di TP53.
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Beneficio sostenuto di zanubrutinib vs ibrutinib in pazienti con leucemia linfatica cronica/linfoma a piccoli linfociti (LLC/SLL) recidivato refrattario (R/R): analisi comparativa finale dello studio ALPINE
Introduzione
Lo studio ALPINE ha stabilito la superiorità di zanubrutinib rispetto a ibrutinib nei pazienti con LLC/SLL R/R. In questo lavoro vengono presentati i dati dell'analisi comparativa finale, con follow-up esteso di quasi quattro anni.
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Zanubrutinib, obinutuzumab e venetoclax per il trattamento di prima linea del linfoma mantellare con mutazione di TP53
Introduzione
Il linfoma mantellare (MCL) con TP53 mutante è associato a scarsi risultati di sopravvivenza con la chemioimmunoterapia standard.
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Glofitamab nel linfoma mantellare recidivato/refrattario: risultati di uno studio di fase 1/2
Introduzione
I pazienti con linfoma mantellare (MCL) recidivato/refrattario (R/R) hanno una prognosi sfavorevole. Lo studio di fase 1/2 NP30179 (numero ClinicalTrials.gov, NCT03075696) ha valutato la monoterapia con glofitamab in pazienti con linfomi a cellule B R/R, pretrattati con obinutuzumab (Gpt) per mitigare il rischio di sindrome da rilascio di citochine (CRS) con glofitamab. In questo lavoro vengono presentati i dati della coorte di pazienti con MCL R/R.
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Ibrutinib più venetoclax nel linfoma mantellare recidivato o refrattario (SYMPATICO): studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, di fase 3
Introduzione
La combinazione di ibrutinib e venetoclax sfrutta meccanismi di azione complementari e ha mostrato un'attività clinica promettente nel linfoma mantellare (MCL). In questo studio gli sperimentatori hanno valutato l'efficacia e la sicurezza di ibrutinib-venetoclax rispetto a ibrutinib-placebo in pazienti con MCL recidivato o refrattario (R/R).
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Lo studio RedirecTT-1 di fase 1b-2 ha dimostrato interessanti benefici clinici con la terapia di combinazione talquetamab e teclistamab nel mieloma multiplo recidivante o refrattario
Introduzione
Talquetamab (anti-G protein–coupled receptor family C group 5 member D) e teclistamab (anti-B-cell maturation antigen) sono anticorpi bispecifici che attivano le cellule T tramite il targeting di CD3 e sono stati approvati entrambi per il trattamento del mieloma multiplo (MM) recidivato o refrattario (R/R) triple-class exposed. Sul New England Journal of Medicine sono stati recentemente riportati i risultati dello studio RedirecTT-1 nel quale i due bispecifici sono stati utilizzati in combinazione, nell’ipotesi che un doppio targeting antigenico possa migliorare la potenza del trattamento, massimizzare l'eradicazione del tumore in popolazioni cellulari eterogenee e prevenire la resistenza dovuta all’escape antigenico.
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Obecabtagene autoleucel nel trattamento dei pazienti adulti con leucemia linfoblastica a cellule B recidivata refrattaria: i risultati dello studio FELIX
Introduzione
Obecabtagene autoleucel (obe-cel) è una terapia con CAR-T anti-CD19 41BB-ζ autologa. A differenza di tisagenlecleucel e brexucabtagene autoleucel, che utilizzano lo stesso frammento variabile a catena singola (scFv) ad alta affinità per il riconoscimento del CD19, obe-cel impiega uno scFv diverso ad affinità intermedia caratterizzato da un rapido tasso di dissociazione, il che si ipotizza possa ridurre gli effetti collaterali e migliorare l’attecchimento e la persistenza delle cellule CAR-T. Nello studio FELIX, disegnato per la registrazione del trattamento, obe-cel ha mostrato un'alta incidenza di risposte durature negli adulti con leucemia linfoblastica acuta a cellule B (B-ALL) recidivante o refrattaria (R/R), con effetti collaterali riscontrati prevalentemente nei pazienti con un alto carico midollare di malattia.
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Mieloma indolente: nello studio AQUILA daratumumab riduce il rischio di progressione a malattia attiva
Introduzione
Al momento non ci sono terapie approvate nel setting del mieloma smoldering ad alto rischio, nonostante vari trial abbiano dimostrato l’efficacia della lenalidomide nel rallentare o prevenire l’evoluzione a malattia sintomatica. In questo contesto, lo studio di fase 3 AQUILA ha dimostrato l’attività dell’anticorpo monoclonale anti-CD38 daratumumab nel prevenire l’evoluzione a malattia attiva e l’insorgenza di danno d’organo a essa correlato. I dati del trial sono stati recentemente presentati al congresso dell’American Society of Hematology (ASH) e sono in pubblicazione sul New England Journal of Medicine.
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Nello studio AURIGA vantaggio con l’aggiunta di daratumumab a lenalidomide nel mantenimento post-trapianto per i pazienti con mieloma multiplo di prima diagnosi
Introduzione
Lo studio AURIGA è il primo studio randomizzato che nasce per confrontare direttamente la terapia di mantenimento con daratumumab e lenalidomide (D-R) rispetto alla sola lenalidomide (standard di cura) dopo trapianto autologo nei pazienti affetti da mieloma multiplo (MM) di nuova diagnosi (ND) naïve agli anticorpi anti-CD38. Tuttavia, lo studio presenta delle limitazioni nel definire il potenziale ruolo dell’aggiunta di daratumumab a lenalidomide in mantenimento nell’attuale real life, dal momento che daratumumab è approvato e utilizzato in induzione/consolidamento nei pazienti NDMM candidati a trapianto. Inoltre, AURIGA si è concentrato esclusivamente sui pazienti con malattia residua misurabile (MRD, con next-generation sequencing [NGS] 10⁻⁵) prima del mantenimento, categoria associata a prognosi inferiore nel NDMM eleggibile a trapianto (TE). Ne consegue che AURIGA non chiarisce il beneficio di D-R rispetto alla lenalidomide nei pazienti che avevano già raggiunto la negatività della MRD prima del mantenimento.
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Studio AUGMENT-101: l’inibitore della menina revumenib raggiunge l'endpoint primario di efficacia nella leucemia acuta KMT2Ar
Introduzione
La leucemia acuta deriva da alterazioni genetiche nelle cellule ematopoietiche che determinano un blocco della differenziazione durante l'ematopoiesi e una proliferazione cellulare incontrollata. I riarrangiamenti del gene lisina metiltransferasi 2A (KMT2A) si verificano fino al 10% nelle leucemie acute nei bambini e negli adulti. Le leucemie mieloidi acute (AML), le leucemie linfoblastiche acute (ALL) o le leucemie acute a fenotipo misto (MPAL) con riarrangiamento di KMT2A (KMT2Ar) sono associate a resistenza ai farmaci e a una prognosi sfavorevole. La percentuale di pazienti adulti che ottiene la remissione dopo tre o più linee di terapia è inferiore al 10%. Revumenib, un inibitore orale di KMT2A, ha mostrato un'efficacia e una sicurezza promettenti in uno studio di fase 1 su pazienti pesantemente pretrattati con leucemia acuta KMT2Ar.
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Dasatinib, asciminib e prednisone possono essere combinati in sicurezza per ottenere un doppio targeting di BCR::ABL1 nella leucemia acuta Ph+
Introduzione
Dasatinib è un trattamento efficace per la leucemia acuta Philadelphia-positiva (Ph+), ma alcuni pazienti sviluppano resistenza. Asciminib si distingue per un meccanismo d’azione differente: non si lega al dominio chinasico di BCR::ABL1 ma al sito miristoilico, è stato ideato per essere selettivo e privo di effetti collaterali off-target, oltre che per poter essere utilizzato in combinazione con gli altri farmaci. É efficace nei pazienti con mutazioni, inclusa la T315I. Il farmaco agisce mimando l’azione di un peptide miristoilico ad azione inibitoria sull’attività di ABL, perso durante la traslocazione t(9;22); l’azione del farmaco permette, quindi, l’inibizione allosterica sull’attività chinasica di BCR-ABL1, ripristinando così l'autoinibizione della chinasi ABL1 che viene persa a seguito della traslocazione genica di BCR::ABL1. La combinazione di dasatinib con asciminib, un inibitore allosterico di BCR::ABL1, potrebbe consentire l’ottenimento di risposte profonde e prevenire l'emergere di cloni resistenti a dasatinib.
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Omissione della radioterapia nel linfoma a cellule B primitivo del mediastino: risultati dello studio IELSG37
Introduzione
Il ruolo della radioterapia di consolidamento nei pazienti con linfoma a cellule B primitivo del mediastino (PMBCL) è controverso. Il dibattito sull'opportunità di aggiungere la radioterapia di consolidamento dopo l'immunochemioterapia iniziale nel PMBCL è durato a lungo. Sebbene efficace, la radioterapia comporta rischi più elevati di gravi tossicità tardive, soprattutto nei pazienti più giovani. Lo studio IELSG37 (numero ClinicalTrials.gov, NCT01599559) mirava a risolvere questa controversia, assegnando in modo casuale pazienti con tomografia a emissione di positroni (PET) negativa dopo l'immunochemioterapia iniziale a radioterapia standard (30 Gy) o a nessun ulteriore trattamento.