Numero speciale di "Impact Factor News” n° 3 - Ottobre 2014
Introduzione
L’introduzione dei nuovi farmaci (immunomodulatori e inibitori del proteosoma) ha determinato un miglioramento significativo nella prognosi dei pazienti affetti da mieloma multiplo, tanto da mettere in discussione il ruolo di procedure dal ruolo consolidato come il trapianto autologo nei pazienti di età inferiore a 65 anni. Palumbo ha pubblicato sul New England Journal of Medicine i risultati di uno studio che ha posto a confronto il ruolo del trapianto verso un consolidamento con terapia orale nel mieloma multiplo in prima linea di trattamento.
Lo stesso studio ha inoltre indagato il ruolo di lenalidomide come terapia di mantenimento con l’intento di valutare un altro dei punti in discussione nella modalità di gestione del mieloma nel nuovo scenario terapeutico.
Pazienti e metodi
In questo studio multicentrico, randomizzato, di fase III, sono stati arruolati pazienti affetti da mieloma multiplo non pretrattato, di età ≤65 anni. Dopo la terapia di induzione (4 cicli ogni 28 giorni: lenalidomide 25 mg/die nei gg 1–21 e desametasone 40 mg/die nei gg 1, 8, 15, 22) 273 pazienti sono stati randomizzati a ricevere 2 cicli di consolidamento con melphalan ad alte dosi (200 mg/m2) e supporto di staminali autologhe o 6 cicli di chemioterapia orale con melphalan, prednisone e lenalidomide (MPR ogni 28 giorni: melphalan 0,18 mg/kg nei gg 1–4, prednisone 2 mg/kg nei gg 1–4, lenalidomide 10 mg nei gg 1–21).
Tre mesi dopo il completamento della fase di consolidamento 251 pazienti sono stati ulteriormente randomizzati a ricevere lenalidomide in mantenimento (10 mg per 21 giorni ogni 28 fino a progressione) verso la sola osservazione.
L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (PFS).
Gli endpoints secondari erano la sopravvivenza globale (OS), il tasso di risposta, il tempo alla risposta e la sicurezza (Figura 1).
Risultati
Il follow-up mediano è stato di 51,2 mesi. Lo studio dimostra che il trapianto autologo migliora la PFS e la OS rispetto a consolidamento con MPR con una PFS rispettivamente 43 vs 22,4 mesi (hazard ratio (HR) per progressione o per morte 0,44: p <0,001) e con una OS a 4 anni rispettivamente 81,6 vs 65,3% (HR per morte 0,55: p=0,02).
La terapia di mantenimento con lenalidomide rispetto all’osservazione ha mostrato un vantaggio significativo in termini di PFS (41,9 vs 21,6 mesi, p <0,001) ma non ha evidenziato alcun vantaggio sulla OS a 3 anni (88 vs 79,2%, p=0,14).
Per quanto riguarda la tossicità di grado 3–4 il melphalan ad alte dosi, rispetto a MPR, si associava a maggior frequenza di neutropenia (94,3 vs 51,5%), tossicità gastroenterica (18,4 vs 0%) e infezioni (16,3 vs 0,8%).
La neutropenia e la tossicità cutanea erano gli effetti collaterali che caratterizzavano i pazienti in mantenimento rispetto a quelli in osservazione (23,3 vs 0% e 4,3 vs 0% rispettivamente).
Conclusioni
Lo studio evidenzia il vantaggio in termini di PFS e OS del trapianto rispetto al mantenimento con MPR. La terapia con alte dosi di melphalan con supporto di staminali autologhe si conferma come standard di trattamento nei pazienti con mieloma multiplo alla prima diagnosi.