Numero speciale di "Impact Factor News” n° 4 - Ottobre 2017
Introduzione
Schemi di terapia che includono l’associazione con rituximab hanno permesso di migliorare l’outcome di pazienti affetti da linfoma follicolare (FL). Obinutuzumab è un anticorpo monoclonale di tipo II anti-CD20. In questo lavoro gli Autori hanno riportato i risultati della comparazione tra il trattamento di immunochemioterapia di prima linea con rituximab chemioterapia e quelli con obinutuzumab associato a chemioterapia in pazienti non precedentemente trattati.
Pazienti e metodi
Nello studio i pazienti venivano randomizzati a ricevere un’induzione con obinutuzumab più chemioterapia o rituximab più chemioterapia. I pazienti che ottenevano almeno una risposta parziale venivano avviati a trattamento di mantenimento per due anni con lo stesso anticorpo monoclonale anti-CD20 utilizzato nella fase di induzione. L’obiettivo primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (PFS). (F. Hoffmann-La Roche; GALLIUM ClinicalTrials.gov, numero NCT01332968.)
Risultati
Nel trial 1202 pazienti affetti da FL sono stati randomizzati nei due gruppi di trattamento (601 pazienti per ciascun braccio). Dopo una mediana di follow-up di 34,5 mesi (intervallo, 0–54,5), l’analisi interim programmata ha dimostrato un significativo minor rischio di progressione, recidiva o morte nel braccio con obinutuzumab rispetto a quello con rituximab (la PFS stimata a 3 anni è stata di 80,0 vs 73,3%; hazard ratio (HR) per progressione, recidiva, o morte, 0,66; 95% CI, 0,51–0,85; p=0,001). Risultati simili sono stati registrati da un panel di revisori indipendenti per quanto concerne sia la PFS sia l’event-free survival (EFS). Il rate di risposte è stato simile nei due gruppi: 88,5% nel gruppo obinutuzumab e 86,9% nel gruppo rituximab. Gli eventi avversi di grado 3-5 sono stati più frequenti nel gruppo obinutuzumab rispetto a quello con rituximab (74,6 vs 67,8%), così come gli eventi avversi seri (46,1 vs 39,9%). La percentuale di morti per eventi avversi è stata simile nei due gruppi (4,0% nel gruppo obinutuzumab e 3,4% in quello con rituximab). L’evento avverso più comune è stato quello legato alle reazioni durante l’infusione di anticorpo monoclonale largamente più frequenti nel gruppo con obinutuzumab: 353 su 595 pazienti (59,3%; 95% CI, 55,3–63,2) e 292 su 597 pazienti (48,9%; 95% CI, 44,9–52,9; p <0,001) nel gruppo con rituximab. Nausea e neutropenia sono stati registrati come eventi comuni. Nel gruppo obinutuzumab ci sono stati 35 decessi (5,8%) mentre nel gruppo rituximab ce ne sono stati 46 (7,7%).
Conclusioni
Lo schema di immunochemioterapia di induzione e il successivo mantenimento contenenti obinutuzumab hanno dimostrato di ottenere una PFS significativamente superiore rispetto alla stessa strategia terapeutica con rituximab. Gli eventi avversi di grado severo (3-4) sono stati più frequenti nella coorte di pazienti trattati con obinutuzumab.