Introduzione
Nello studio GLOW, a un follow-up mediano di 27,7 mesi, ibrutinib-venetoclax in pazienti con leucemia linfatica treatment-naïve a durata fissa hanno mostrato una sopravvivenza libera da progressione (PFS) superiore rispetto a clorambucile-obinutuzumab. Lo studio aveva arruolato pazienti anziani o con comorbidità, o con entrambe le caratteristiche. In questo articolo vengono riportati i risultati aggiornati di GLOW dopo un follow-up mediano di 46 mesi.
Metodi
Si tratta di uno studio randomizzato, multicentrico, di fase 3, condotto in 67 centri ospedalieri in 14 paesi. Le caratteristiche dei pazienti includevano età pari o superiore a 65 anni o età compresa tra 18 e 64 anni con leucemia linfatica cronica (LLC) non trattata in precedenza e un punteggio cumulativo sulla scala di valutazione delle comorbidità superiore a 6 o una clearance della creatinina inferiore a 70 mL/min, o entrambi, e un performance status dell'Eastern Cooperative Oncology Group (ECOG PS) pari a 2 o meno. I pazienti sono stati assegnati in modo casuale (1:1), tramite un sistema web interattivo con blocchi permutati (dimensione dei blocchi di quattro) e stratificati in base allo stato mutazionale dell’immunoglobulin heavy chain variable region gene (IGHV) e alla presenza di aberrazione del11q, al gruppo ibrutinib-venetoclax (3 cicli di induzione con ibrutinib -420 mg/die, per via orale-, seguiti da 12 cicli di ibrutinib più venetoclax -400 mg/die, per via orale, preceduto dal ramp-up classico di 5 settimane-) o al gruppo clorambucile-obinutuzumab (6 cicli di clorambucile -0,5 mg/kg, per via orale, nei giorni 1 e 15 di ciascun ciclo- e obinutuzumab -1000 mg, per via endovenosa, nei giorni 1 [o 100 mg il giorno 1 e 900 mg il giorno 2], 8 e 15 del ciclo 1 e il giorno 1 dei cicli 2–6-). L'endpoint primario è stata la PFS nella popolazione intention-to-treat, valutata da un comitato di revisione indipendente. La popolazione di sicurezza ha incluso tutti i pazienti randomizzati che avevano ricevuto almeno una dose del trattamento in studio. Questo studio è registrato presso ClinicalTrials.gov (NCT03462719) e nel registro degli studi clinici dell'Unione Europea (numero EudraCT, 2017-004699-77).
Risultati
Tra il 4 maggio 2018 e il 5 aprile 2019, 211 pazienti (122 -58%- maschi e 89 -42%- femmine) sono stati assegnati in modo casuale a ricevere ibrutinib-venetoclax (n=106) o clorambucile-obinutuzumab (n=105). A un follow-up mediano di 46 mesi (interquartile range, IQR 43–47), la PFS è rimasta superiore per il gruppo ibrutinib–venetoclax (hazard ratio, HR 0,214; confidence interval CI 95%: 0,138–0,334]; p < 0,0001); i tassi di PFS a 42 mesi sono stati del 74,6% (CI 95%: 65,0–82,0) per ibrutinib-venetoclax e del 24,8% (CI 95%: 16,5–34,1) per clorambucile-obinutuzumab. Successivamente a quanto riportato nell’analisi primaria, un paziente nel gruppo clorambucile-obinutuzumab ha avuto un evento avverso grave, sviluppando una sindrome mielodisplastica. Sono stati segnalati decessi correlati al trattamento in un paziente trattato con ibrutinib-venetoclax (insufficienza cardiaca, polmonite e disfunzione del nodo del seno) e in un paziente trattato con clorambucile-obinutuzumab (polmonite). Si sono verificati 15 decessi nel gruppo ibrutinib-venetoclax (di cui 3 dovuti a infezioni post-trattamento) e 30 decessi nel gruppo clorambucile-obinutuzumab (di cui 10 dovuti a infezioni post-trattamento).
Conclusioni
Gli autori possono asserire che, dopo quattro anni di follow-up, ibrutinib-venetoclax continua a prolungare significativamente la PFS (rispetto alla chemioimmunoterapia) nei pazienti con LLC precedentemente non trattata, supportandone l'uso come opzione di prima linea anche in pazienti anziani e/o con comorbidità.