Numero speciale di "Impact Factor News” n° 1 - Aprile 2016
Background
La chemioterapia ad alte dosi con supporto di cellule staminali autologhe (ASCT) rappresenta l’approccio standard nei pazienti con nuova diagnosi di mieloma multiplo (MM) candidabili a trapianto. In questo lavoro gli Autori hanno voluto riportare i risultati di un trial molto audace che voleva rispondere a due fondamentali quesiti: se il trattamento di consolidamento con lenalidomide fosse altrettanto efficace come la chemioterapia ad alte dosi e quale regime di mantenimento fosse più vantaggioso. Singolo agente o lenalidomide associata a steroide.
Metodi
Gli sperimentatori hanno disegnato un trial randomizzato, multicentrico di fase III aperto che ha coinvolto 59 centri in Australia, Repubblica Ceca e Italia. Sono stati arruolati pazienti con età uguale e inferiore a 65 anni con nuova diagnosi di MM eleggibili per una procedura ad alte dosi con supporto di cellule staminali autologhe. I pazienti hanno ricevuto un trattamento di induzione con lenalidomide (25 mg, giorni 1–21) e desametasone (40 mg, giorni 1, 8, 15, e 22) ogni 28 giorni e successivamente ciclofosfamide (3 g/m2) seguita da stimolazione con fattore di crescita granulocitario per la mobilizzazione e la raccolta delle staminali. Applicando un disegno fattoriale parziale a 2×2, gli sperimentatori hanno randomizzato i pazienti a ricevere come consolidamento all’induzione: chemioterapia con ciclofosfamide associata a lenalidomide (6 cicli di CTX [300 mg/m2, giorni 1, 8, e 15], desamentasone [40 mg, giorni 1, 8, 15, e 22], e lenalidomide [25 mg, giorni 1–21]) o due somministrazioni di alte dosi di melphalan (200 mg/m2) con supporto di cellule staminali. Gli sperimentatori hanno quindi randomizzato i pazienti a ricevere una terapia di mantenimento con lenalidomide (10 mg, giorni 1–21) più prednisone (50 mg, giorni 21–28) o lenalidomide da sola con la medesima schedula. Un’assegnazione random sequenziale veniva effettuta allo screening nei 4 gruppi (1:1:1:1 ratio), ma l’allocazione al gruppo di trattamento veniva dichiarata solo quando il paziente terminava l’induzione e veniva confermata la sua eleggibilità al consolidamento. Sia il paziente sia il clinico non conoscevano il braccio di consolidamento e di mantenimento fino a quella fase. L’obiettivo primario dello studio era la PSF valutata in intention-to-treat. Lo studio è ancora in corso e alcuni pazienti stanno ancora ricevendo il mantenimento.
(Numero di registrazione su ClinicalTrials.gov: NCT01091831).
Risultati
Sono stati arruolati 389 pazienti dal 6 luglio 2009 al 6 maggio 2011, con 256 casi eleggibili per il consolidamento (127 nel braccio high-dose melphalan con supporto di cellule staminali autologhe e 129 con chemioterapia e lenalidomide) e 223 eleggibili per il mantenimento (117 nel braccio lenalidomide più prednisone e 106 con lenalidomide in monoterapia). La mediana di follow-up era di 52,0 mesi (IQR 30,4–57,6).
La progressione libera da malattia durante il consolidamento è stata significativamente più breve nel braccio chemioterapia più lenalidomide comparata al trattamento ad alte dosi (mediana di 28,6 mesi [95% CI 20,6–36,7] vs 43,3 mesi [33,2–52,2]; hazard ratio [HR] per i primi 24 mesi di 2,51, 95% CI 1,60–3,94; p <0,0001). La PFS non differiva nei due gruppi di mantenimento (mediana di 37,5 mesi [95% CI 27,8–non valutabile] con lenalidomide più prednisone vs 28,5 mesi [22,5–46,5] con lenalidomide da sola; HR 0,84, 95% CI 0,59–1,20; p=0,34).
Per quanto concerne le tossicità, la febbre di grado 3-4 è stata registrata in entrambi i bracci di consolidamento; gli eventi avversi più frequenti sono stati gli ematologici (34 [26%] dei 129 pazienti vs 107 [84%] dei 127 pazienti), i gastroenterici (6 [5%] vs 25 [20%]), e le infezioni (7 [5%] vs 24 [19%]). Eventi avversi ematologici severi sono stati riportati in due (2%) pazienti assegnati al braccio chemio + lenalidomide e nessuno nei pazienti del braccio alte dosi di melphalan con ASCT. Eventi avversi non-ematologici severi sono stati riportati in 13 (10%) pazienti assegnati al braccio chemio + lenalidomide e 9 (7%) in quello con alte dosi di melphalan con ASCT.
Durante la fase di mantenimento gli eventi avversi registrati non differivano in modo significativo tra i due regimi; la durata mediana del mantenimento è stata simile nei due gruppi. Gli eventi avversi più frequenti di grado 3-4 sono stati la neutropenia (9 [8%] di 117 pazienti del gruppo lenalidomide + prednisone vs 14 [13%] dei 106 pazienti del gruppo con sola lenalidomide), infezioni (8 [8%] vs 5 [5%]), e tossicità sistemiche (7 [6%] vs 2 [2%]). Eventi avversi non-ematologici severi sono stati riportati in 13 (11%) pazienti del gruppo lenalidomide + prednisone versus 10 (9%) pazienti del gruppo con sola lenalidomide. Quattro pazienti sono deceduti a seguito di eventi avversi, tre per eventi infettivi (due durante l’induzione e uno durante il consolidamento) e solo uno per tossicità cardiaca.
Conclusioni
Il consolidamento con alte dosi di melphalan e supporto di cellule staminali autologhe rimane l’approccio terapeutico più appropriato nei pazienti eleggibili a trapianto affetti da MM nonostante il profilo di tossicità più favorevole con chemioterapia associata a lenalidomide. Per quanto concerne il mantenimento gli Autori concludono che la progressione libera da malattia non è risultata significativamente differente nei due gruppi.