Numero speciale di "Impact Factor News” n° 1 - Aprile 2016
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Acalabrutinib (ACP-196) in pazienti con BLLC in recidiva
Background
L'inibizione irreversibile della tirosin chinasi di Bruton (BTK) attraverso il farmaco ibrutinib rappresenta un'importate conquista terapeutica nel trattamento della leucemia linfatica cronica (LLC). A fronte di un'efficacia confermata universalmente, ibrutinib non è scevro da tossicità dovute alla sua azione inibitrice di altre chinasi, che potenzialmente compromettono il suo indice terapeutico. Acalabrutinib (ACP-196) è un nuovo inibitore di BTK più selettivo che è stato specificatamente disegnato per migliorare il profilo di sicurezza e di efficacia degli inibitori di prima generazione con capostipite ibrutinib.
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Ibrutinib come trattamento di prima linea per pazienti affetti da leucemia linfatica cronica
Background
La leucemia linfatica cronica (LLC) è una patologia che primariamente colpisce una popolazione anziana di pazienti, spesso coesistono comorbidità che si sommano allo stato di immunodeficienza e mielosoppressione tipici della malattia. In questo lavoro gli Autori hanno condotto un trial clinico internazionale di fase III comparando in aperto due agenti orali: ibrutinib e clorambucile, in pazienti naïve affetti da LLC o da linfoma a piccoli linfociti (SLL).
Una delle maggiori critiche al trial, esternate anche durante l'ultimo ASH, è stata la scelta di clorambucile come trattamento standard di prima linea per pazienti con BLLC che come noto oggi non è più accettabile. Gli Autori si sono giustificati dicendo che al momento del disegno dello studio negli Stati Uniti lo standard per il paziente anziano con comorbidità era rappresentato dal solo clorambucile. -
Venetoclax come inibitore selettivo della proteina antiapoptotica BCL2 nei pazienti con leucemia linfatica cronica in recidiva
Background
Nel corso degli ultimi tre anni sono stati messi a punto nuovi farmaci di comprovata efficacia nel trattamento dei pazienti con leucemia linfatica cronica (LLC) in recidiva di malattia, ma l’ottenimento di una risposta completa rimane un evento non comune. Il farmaco venetoclax ha un meccanismo d’azione peculiare; infatti ha come bersaglio la proteina antiapoptotica BCL2, che come noto ha un ruolo centrale nella sopravvivenza del clone leucemico della LLC.
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Mantenimento con rituximab per un totale di 5 anni dopo induzione con singolo agente rituximab nel linfoma follicolare: risultati dello studio randomizzato di fase III SAKK 35/03
Background
La terapia di mantenimento con rituximab ha dimostrato di migliorare la PFS dei pazienti con linfoma follicolare; lo studio PRIMA prevedeva un periodo di mantenimento pari a 24 mesi e con tale durata è stata permessa anche nel nostro Paese la prescrivibilità di rituximab per la prima linea per un totale di 12 dosi e di 8 nei pazienti trattati in seconda linea. Gli Autori del presente manoscritto affermano che la durata ottimale del mantenimento non è stata ancora definita.
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Carfilzomib-desametasone migliora la overall survival rispetto a bortezomib-desametasone nei pazienti affetti da mieloma multiplo recidivato/refrattario: i risultati dello studio ENDEAVOR
Bortezomib e desametasone è un’opzione di trattamento standard nel mieloma multiplo recidivato refrattario (MM rec/ref). La combinazione carfilzomib-desametasone ha mostrato un’attività promettente in questo setting di pazienti.
Lancet Oncology ha riportato i risultati dello studio di fase III disegnato per paragonare l’attività di carfilzomib-desametasone rispetto a bortezomib-desametasone in pazienti affetti da MM rec/ref che abbiano ricevuto da 1 a 3 trattamenti precedenti. -
Chemioterapia associata a lenalidomide versus trapianto autologo e a seguire mantenimento con sola lenalidomide versus prednisone e lenalidomide, in pazienti affetti da mieloma multiplo: risultati dello studio multicentrico di fase III
Background
La chemioterapia ad alte dosi con supporto di cellule staminali autologhe (ASCT) rappresenta l’approccio standard nei pazienti con nuova diagnosi di mieloma multiplo (MM) candidabili a trapianto. In questo lavoro gli Autori hanno voluto riportare i risultati di un trial molto audace che voleva rispondere a due fondamentali quesiti: se il trattamento di consolidamento con lenalidomide fosse altrettanto efficace come la chemioterapia ad alte dosi e quale regime di mantenimento fosse più vantaggioso. Singolo agente o lenalidomide associata a steroide.
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Trapianto allogenico nella leucemia acuta: riduzione dell’incidenza di graft versus host disease cronica con l’utilizzo di siero antilinfocitario (ATG) nel condizionamento mieloablativo
La graft versus host disease cronica (cGVHD) è la principale causa di morte e comporta un aumento della morbilità e un peggioramento della qualità della vita dopo il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche.
Partendo dall’ipotesi che l’impiego del siero antilinfocitario (ATG) nel regime di condizionamento nei pazienti affetti da leucemia acuta possa determinare una riduzione significativa della cGVHD a due anni dal trapianto allogenico con cellule staminali periferiche da un donatore familiare HLA identico, gli sperimentatori hanno disegnato uno studio di fase III volto a valutare l’impatto dell’ATG in questo subset di pazienti. I risultati dello studio sono stati pubblicati dal NEJM. -
Busulfano e ciclofosfamide versus busulfano e fludarabina come regime di condizionamento al trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche in pazienti con leucemia mieloide acuta: studio randomizzato multicentrico di fase III
Background
Il regime di condizionamento mieloablativo standard per pazienti con leucemia mieloide acuta di età inferiore a 40 anni è associato sostanzialmente a una mortalità non legata a recidiva. Dal momento che lo schema di combinazione busulfano-fludarabina è stato proposto come alternativa per ridurre la mortalità non legata a recidiva, gli Autori del presente lavoro hanno voluto comparare quest’ultimo schema di terapia a un trattamento di condizionamento con busulfano-ciclofosfamide in questo setting di pazienti.
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Ruolo della valutazione della malattia minima residua nella leucemia mieloide acuta a rischio standard
Attualmente la decisione del trattamento si basa su un numero limitato di marcatori molecolari e sulla valutazione della risposta valutata su base morfologica.
Ad oggi in presenza di un rischio stimato di recidiva maggiore del 35% viene data indicazione al trapianto allogenico in prima remissione completa. Ci sono dubbi in merito all’indicazione alle procedure trapiantologiche in presenza di citogenetica a rischio standard, riscontrata in circa il 50% dei pazienti giovani. La lesione molecolare più comune in questo subset di pazienti è la mutazione del gene codificante per la nucleofosmina (NPM1).
Partendo dal presupposto che l’identificazione della persistenza di malattia minima residua (MRD) in pazienti altrimenti considerati in remissione attraverso l’utilizzo di markers leucemia-specifici come la mutazione nel gene codificante la nucleofosmina (NPM1), potrebbe migliorare la prognosi, gli Autori hanno correlato il profilo molecolare pre-trattamento e post-trattamento in pazienti in prima linea di trattamento inclusi nel protocollo AML17. -
Piastrinopenia immune: alte dosi di desametasone più efficaci di prednisone in prima linea
I corticosteroidi sono la prima linea di trattamento standard delle piastrinopenie immuni (ITP) dell’adulto, ad oggi nessuno studio aveva posto a confronto dosi standard di prednisone (PDN) con desametasone pulsato ad alte dosi (HD-DXM). La terapia con HD-DXM pulsato limita gli effetti collaterali correlati all’assunzione continuativa di prednisone. Su Blood Wei e colleghi hanno riportato i risultati del primo studio randomizzato disegnato per confrontare l’efficacia e la sicurezza di HD-DXM verso il prednisone in prima linea.
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Caplacizumab nella porpora trombotica trombocitopenica: nuovi sviluppi terapeutici
La porpora trombotica trombocitopenica (PTT) acquisita è caratterizzata dall’aggregazione delle piastrine indotta dai multimeri ultra-larghi del fattore von Willebrand (vWF), con la conseguente formazione di trombosi sistemica nel microcircolo, anemia emolitica, piastrinopenia e ischemia multiorgano con elevata incidenza di complicanze potenzialmente fatali. La patologia è provocata dal deficit severo di ADAMTS13, in presenza di autoanticorpi inibitori. Il trattamento che consente di ottenere la remissione è basato sullo scambio plasmatico quotidiano associato a terapie immunosoppressive (steroide e rituximab) ma la mortalità ad oggi rimane alta.
Sul NEJM sono riportati i risultati del trial clinico di fase II TITAN, condotto da Peyvandi e colleghi per valutare l’attività dell’anti vWF caplacizumab. -
Rischio di neoplasie secondarie dopo il trattamento del linfoma di Hodgkin: un problema ancora aperto
Background
È noto che i lungo-sopravviventi dopo un linfoma di Hodgkin (LH) hanno un rischio aumentato di sviluppare secondi tumori, non è noto quale sia l’incidenza di neoplasie secondarie in seguito all’introduzione a partire dal 1980 di trattamenti chemioterapici meno tossici e della limitazione dell’ottimizzazione della radioterapia.