Numero speciale di "Impact Factor News” n° 1 - Aprile 2016
Background
È noto che i lungo-sopravviventi dopo un linfoma di Hodgkin (LH) hanno un rischio aumentato di sviluppare secondi tumori, non è noto quale sia l’incidenza di neoplasie secondarie in seguito all’introduzione a partire dal 1980 di trattamenti chemioterapici meno tossici e della limitazione dell’ottimizzazione della radioterapia.
Metodi
Schaapveld e colleghi hanno valutato l’incidenza di tumori a lungo termine in 3905 pazienti di età compresa tra 15 e 50 anni trattati in Olanda tra il 1965 e il 2000 e sopravvissuti almeno 5 anni dall’inizio del trattamento del LH. Le informazioni relative al secondo tumore sono state estrapolate dalle cartelle cliniche e da questionari inviati ai medici di base e dai dati del registro tumori olandese.
Il rischio di tumore veniva comparato con il rischio atteso in base all’incidenza di secondi tumori nella popolazione generale.
Risultati
La popolazione in studio si componeva di 2207 maschi e di 1698 femmine, di questi circa il 20% trattati tra il 1965 e il 1976, il 30% trattati tra il 1977 e il 1988 e circa la metà tra il 1989 e il 2000. All’interno dell’intera popolazione in studio il 27% dei pazienti aveva ricevuto sola radioterapia, il 12% sola chemioterapia e il 61% terapia di combinazione. I pazienti trattati nell’ultimo periodo avevano ricevuto mediamente più antracicline, meno alchilanti e minori volumi di radioterapia.
Con un follow-up mediano di 19,1 anni sono stati diagnosticati 1055 secondi tumori in 908 pazienti, con un rapporto di incidenza standardizzata di 4,6 (95% CI, 4,3–4,9) rispetto alla popolazione generale. Il rischio era ancora elevato oltre 35 anni dopo il trattamento (rapporto di incidenza standardizzata 3,9; 95% CI, 2,8–5,4). L’incidenza cumulativa di secondi tumori a 40 anni era del 48,5% (95% CI, 45,5–51,5).
L’incidenza cumulativa di tumori solidi secondari non variava in base al periodo di trattamento (1965–1976, 1977–1988 o 1989–2000) (p=0,71 per eterogeneità).
Il tumore secondario più frequente era il tumore alla mammella seguito dal tumore al polmone e dalle neoplasie dell’apparato gastroenterico e dai linfomi non Hodgkin con un eccesso di rischio rispettivamente del 20,4% (40,5% nelle donne), 20,2%, 19,7% e 13,1% rispetto alla popolazione generale.
Il rischio di tumore alla mammella era più basso tra i pazienti trattati con radioterapia sovradiaframmatica non comprendente l’ascella rispetto ai pazienti trattati con radioterapia a mantellina (HR 0,37; 95% CI 0,19–0,72), tuttavia non si è riscontrata una riduzione del rischio di tumore alla mammella nei pazienti trattati tra il 1989 e il 2000 rispetto a quelli gestiti nei due periodi precedenti. Inoltre il trattamento con una dose cumulativa di procarbazina maggiore di 4,3 g/m2, che determina menopausa precoce, correlava con un’incidenza inferiore di tumore alla mammella (HR 0,57; 95% CI, 0,39–0,84) ma si associava a una maggiore incidenza di neoplasie gastrointestinali (HR 2,7; 95% CI, 1,69–4,30).
Conclusioni
Il rischio di tumori solidi secondari non sembra essere inferiore nei pazienti trattati nel periodo in studio più recente (1989-2000), nonostante l’ottimizzazione dei trattamenti chemio e radioterapici. Gli Autori commentano che nei pazienti con nuova diagnosi di LH il rischio di tossicità a lungo termine da chemio-radioterapia debba essere attentamente bilanciato con il rischio di fallire nel controllo del tumore primario. La consapevolezza dell’aumentata incidenza di tumori secondari è un elemento fondamentale nella gestione dei lungo-sopravviventi dopo LH e deve guidare a procedure di sorveglianza e diagnosi precoce.