Numero speciale di "Impact Factor News” n° 1 - Aprile 2016
Background
La terapia di mantenimento con rituximab ha dimostrato di migliorare la PFS dei pazienti con linfoma follicolare; lo studio PRIMA prevedeva un periodo di mantenimento pari a 24 mesi e con tale durata è stata permessa anche nel nostro Paese la prescrivibilità di rituximab per la prima linea per un totale di 12 dosi e di 8 nei pazienti trattati in seconda linea. Gli Autori del presente manoscritto affermano che la durata ottimale del mantenimento non è stata ancora definita.
Metodi
In questo trial sono stati inclusi pazienti affetti da linfoma follicolare in prima linea, recidivati o con malattia stabile o pazienti con malattia refrattaria. Tutti hanno ricevuto un trattamento di induzione con rituximab (375 mg/m2) a cadenza settimanale per un totale di 4 dosi.
I pazienti che ottenevano almeno una risposta parziale venivano quindi randomizzati a ricevere o un mantenimento breve di 4 dosi ogni 2 mesi (short-term schedule) o un mantenimento lungo di massimo 5 anni (long-term schedule) o fino a progressione o fino a tossicità non tollerabile.
L’obiettivo primario dello studio era la sopravvivenza libera da eventi (EFS). Gli obiettivi secondari erano invece la PSF, la OS e la tossicità. La comparazione statistica dei due bracci è stata effettuata applicando il log-rank test per gli obiettivi di sopravvivenza.
Risultati
Dei 270 pazienti inclusi 165 sono stati randomizzati a ricevere la terapia di mantenimento secondo i due bracci: short-term (n=82) e long-term (n=83). A causa della bassa incidenza di eventi l’analisi finale è stata effettuata dopo 95 eventi, ossia prima di quanto stabilito nel disegno statistico iniziale pari a 99. Al periodo di follow-up mediano di 6,4 anni, l’EFS mediana è stata di 3,4 anni (95% CI, 2,1–5,3) nel gruppo short-term e di 5,3 anni (95% CI, 3,5–non disponibile) nel gruppo long-term (p=0.14). Nel gruppo short-term si sono registrate 13 morti e 10 nel gruppo long-term.
I pazienti nel gruppo long-term hanno presentato un numero di eventi avversi superiore rispetto al gruppo short-term, con il 76 versus il 50% dei pazienti con almeno un evento avverso rispettivamente (p=0.001), 5 versus 1 hanno presentato infezioni severe (grado 3-4) e 3 pazienti hanno interrotto il trattamento per tossicità non accettabile sempre nel gruppo long-term. Un altro aspetto interessante dei risultati è stato proposto nell’appendice riguardo i livelli sierici di Ig e le sottopopolazioni linfocitarie. In particolare al momento della registrazione dei pazienti nello studio non vi erano differenze nei due gruppi. Dopo l’inizio del mantenimento si è assistito a una riduzione dei livelli di Ig <5 g/dL nel 22% dei pazienti nel gruppo short-term e del 41% nel gruppo long-term (p=0.02). La forbice si è ulteriormente allargata col procedure del follow-up: 38 versus 62% (p=0.01). Gli Autori non hanno trovato correlazioni tra bassi livelli di Ig e infezioni di grado severo.
Una severa deplezione B linfocitaria si è registrata a un mese dall’inizio del trattamento. Solo in un ristretto gruppo di pazienti della coorte short-term si è determinata una popolazione B a sei mesi dall’ultima dose di rituximab nella totalità dei casi a prescindere dai due gruppi, la ricostituzione B si è osservata a un anno dall’ultima dose di rituximab. Non si sono registrate modificazioni nelle altre sottopopolazioni linfocitarie nel sangue periferico.
Conclusioni
Gli Autori concludono che la terapia di mantenimento con rituximab a 5 anni non ha dimostrato vantaggi in termini di EFS, né di OS, in aggiunta è stata associata a una maggior tossicità.