Numero speciale di "Impact Factor News” n° 4 - Ottobre 2016
Introduzione
La leucemia linfoblastica recidivata è una patologia caratterizzata da una prognosi infausta. Sono stati pubblicati i risultati positivi dello studio di fase III INO-VATE ALL, che ha confrontato l’efficacia di inotuzumab ozogamicin, un anticorpo monoclonale anti-CD22 coniugato con la calichemicina, verso la chemioterapia standard.
Metodi
Lo studio multicentrico di fase III, randomizzato in aperto con rapporto 1:1, ha arruolato 326 pazienti, con età maggiore di 18 anni, affetti da leucemia linfoblastica acuta CD22 positiva, recidivata refrattaria, indipendentemente dalla presenza di cromosoma Philadelphia. Nel braccio sperimentale i pazienti sono stati trattati con inotuzumab, nel braccio di controllo con un regime chemioterapico standard (FLAG: fludarabina, citarabina e GCSF oppure citarabina + mitoxantrone oppure citarabina ad alto dosaggio).
Gli endpoint primari dello studio erano il tasso di risposte complete (RC) incluse le risposte complete con risposta ematologica incompleta (RCi) e l’OS.
Risultati
Dei 326 pazienti randomizzati, 218 erano valutabili per la risposta. Nel gruppo trattato con inotuzumab ozogamicin il tasso di RC o RCi con recupero ematologico incompleto era superiore: 80,7 (IC al 95%, 72,1–87,7) verso 29,4%(IC al 95%, 21–38,8), p <0,001. Tra i pazienti che conseguivano la RC con inotuzumab, la percentuale di minimal residual disease (MRD)-negatività è risultata del 78,4% (IC al 95%, 68–87) contro il 28,1% (IC al 95%, 14–47) in quelli sottoposti alla chemioterapia (p <0,001) e la durata mediana della risposta è stata di 4,6 mesi con il farmaco sperimentale (IC al 95%, 3,9–5,4) contro 3,1 mesi (IC al 95%, 1,4–4,9) con la chemioterapia (HR 0,55; IC al 95%, 0,31–0,96; p=0,03).
Nei 326 pazienti in studio, la PFS era significativamente maggiore con inotuzumab ozogamicin con una mediana di 5 mesi (IC al 95%, 3,7–5,6) contro 1,8 mesi (IC al 95%, 1,5–2,2) nel gruppo trattato con la chemioterapia standard (HR 0,45; IC al 97,5%, 0,34–0,61; p <0,001).
Si è osservato un prolungamento dell’OS mediana con coniugato anticorpo-farmaco, senza raggiungere la significatività statistica (HR 0,77; IC al 97,5%, 0,58–1,03; p=0,04) (Tabella 1, Figura 1).
Il trattamento con inotuzumab ha permesso l’accesso alla procedura trapiantologica a una quota significativamente maggiore di pazienti (41 vs 11%, p <0,001).
In merito alla sicurezza, gli Autori segnalano un maggior numero di episodi di veno occlusive liver disease (VOD) nel gruppo trattato con inotuzumab (11 vs 1%).
Gli eventi avversi più comuni osservati nei due gruppi sono state le citopenie, tra cui la neutropenia febbrile, che si è manifestata nel 16% dei pazienti trattati con l'agente sperimentale contro il 22% nel braccio di controllo.
Conclusioni
Inotuzumab ozogamicin, pur determinando un incremento nell’incidenza di VOD, migliora in modo significativo la PFS e le percentuali di remissione completa (CR) e di negativizzazione della MRD rispetto alla chemioterapia nei pazienti con leucemia linfoblastica acuta recidivata o refrattaria consentendo l’accesso alla procedura trapiantologica a un maggior numero di pazienti.