Numero speciale di "Impact Factor News” n° 4 - Ottobre 2019
Introduzione
I dati sull'efficacia del trattamento con ibrutinib-rituximab, rispetto alla chemio-immunoterapia standard con fludarabina, ciclofosfamide e rituximab, in pazienti con leucemia linfatica cronica (CLL) non precedentemente trattata sono limitati.
Questo trial prospettico vuole rispondere a tale quesito e vuole inoltre esplorare se un trattamento chemofree possa sostituirsi allo standard rappresentato dalla chemio-immunoterapia.
Metodi
In questo studio di fase 3 sono stati assegnati in modo casuale (in un rapporto 2:1) pazienti di età pari o inferiore a 70 anni con CLL precedentemente non trattata per ricevere ibrutinib e rituximab per sei cicli (dopo un singolo ciclo di ibrutinib da solo), seguito da ibrutinib fino alla progressione della malattia, o sei cicli di chemio-immunoterapia con fludarabina, ciclofosfamide e rituximab (FCR).
L'obiettivo primario era la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e la sopravvivenza globale (OS) era un obiettivo secondario.
Vengono riportati di seguito i risultati dell’analisi intermedia pianificata. (Finanziato dal National Cancer Institute and Pharmacyclics; numero E1912 ClinicalTrials.gov, NCT02048813.)
Risultati
Un totale di 529 pazienti è stato sottoposto a randomizzazione (354 pazienti nel gruppo ibrutinib-rituximab e 175 nel gruppo FCR). A un follow-up mediano di 33,6 mesi, i risultati dell'analisi della PFS hanno favorito ibrutinib-rituximab rispetto alla chemio-immunoterapia (89,4 vs 72,9% a 3 anni; hazard ratio per progressione o morte, 0,35; 95% IC 0,22–0,56; p <0,001) e i risultati hanno raggiunto la soglia di efficacia definita dal protocollo per l'analisi intermedia.
I risultati dell'analisi della OS sono risultati a favore dell’associazione ibrutinib-rituximab rispetto a FCR (98,8 vs 91,5% a 3 anni; hazard ratio per morte, 0,17; 95% IC 0,05–0,54; p <0,001). Nell'analisi di un sottogruppo che ha coinvolto pazienti senza mutazione della regione variabile della catena pesante delle immunoglobuline (U-IGHV), ibrutinib-rituximab ha ottenuto una migliore PFS rispetto alla chemio-immunoterapia (90,7 vs 62,5% a 3 anni; rapporto di rischio per progressione o morte, 0,26; 95% IC 0,14–0,50).
La PFS a 3 anni tra i pazienti con mutazione della regione variabile a catena pesante delle immunoglobuline (M-IGHV) è stata dell'87,7% nel gruppo ibrutinib-rituximab e dell'88,0% nel gruppo FCR (hazard ratio per progressione o morte, 0,44; I 95% IC 0,14–1,36). L'incidenza di eventi avversi di grado ≥3 (indipendentemente dall'attribuzione) è stata simile nei due gruppi (in 282 su 352 pazienti [80,1%] che hanno ricevuto ibrutinib-rituximab e in 126 su 158 [79,7%] che hanno ricevuto FCR), mentre le complicanze infettive di grado ≥3 erano meno comuni con ibrutinib-rituximab rispetto alla chemio-immunoterapia (in 37 pazienti [10,5%] contro 32 [20,3%], p <0,001).
Conclusioni
Gli Autori concludono che il regime chemofree di ibrutinib-rituximab ha determinato una PFS e una OS superiori a quelle con un regime di chemio-immunoterapia standard (FCR) tra i pazienti di età pari o inferiore a 70 anni con CLL non precedentemente trattata.