Numero speciale di "Impact Factor News” n° 1 - Aprile 2021
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Azacitidina orale come terapia di mantenimento nella leucemia mieloide acuta in prima remissione completa: i risultati dello studio QUAZAR AML-001
Introduzione
Sebbene la chemioterapia di induzione porti alla remissione molti pazienti anziani con leucemia mieloide acuta (AML), la ricaduta è comune con conseguente limitazione dell’overall survival (OS), soprattutto negli anziani non candidabili a trapianto di cellule staminali. In questo setting di pazienti lo studio QUAZAR AML-001 ha testato l’efficacia di azacitidina orale (CC-486, un agente ipometilante non bioequivalente all'azacitidina iniettabile), somministrata come terapia di mantenimento.
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Standardizzazione dei criteri di risposta della 18F-FDG-PET secondo i criteri di Deauville nella definizione della risposta metabolica completa nel mieloma multiplo di nuova diagnosi
Introduzione
La tomografia a emissione di positroni con 18F-fluorodesossiglucosio (18F-FDG-PET) è attualmente la tecnica di imaging standard per definire la risposta al trattamento in termini di malattia minima residua (MRD) al di fuori del midollo osseo (BM) nei pazienti affetti da mieloma multiplo (MM). Tuttavia, non esiste ancora una standardizzazione dei criteri di valutazione della 18F-FDG-PET per definirne la positività o negatività. Sul Journal of Clinical Oncology sono stati pubblicati i risultati dello studio condotto da Zamagni et al. con l’obiettivo di standardizzare i criteri di risposta metabolica completa della 18F-FDG-PET nei pazienti sottoposti a terapia. L’analisi è stata condotta su un sottogruppo di pazienti con MM di nuova diagnosi, eleggibili al trapianto, arruolati in due studi europei indipendenti di fase III (IFM/DFCI2009 e EMN02/HO95).
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Idecabtagene vicleucel nel mieloma multiplo recidivante/refrattario
Introduzione
I risultati dello studio KarMMa, pubblicati sul New England Journal of Medicine, confermano le potenzialità di idecabtagene vicleucel (ide-cel), CAR T diretto contro il B-cell maturation antigen (BCMA), nei pazienti affetti da mieloma multiplo recidivante/refrattario (MM R/R) ad almeno tre linee di trattamento precedenti.
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Selinexor, bortezomib e desametasone vs bortezomib e desametasone in pazienti con mieloma multiplo pretrattato: studio randomizzato, in aperto, di fase III (BOSTON)
Introduzione
Selinexor è un inibitore orale selettivo della proteina di esportazione nucleare 1 (XPO1) che si è dimostrato attivo nei pazienti con mieloma multiplo (MM), fortemente pretrattato quando usato in associazione a desametasone. In uno studio di fase Ib/II, la combinazione di selinexor orale, bortezomib e desametasone ha indotto alti tassi di risposta, con bassi tassi di neuropatia periferica. Da questi dati promettenti è derivato lo studio di fase III BOSTON che ha valutato selinexor e bortezomib, somministrati una volta/settimana in associazione con desametasone, in pazienti pretrattati per MM.
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Sindrome mielodisplastica a basso rischio: riduzione della necessità di supporto trasfusionale con l’inibitore della telomerasi imetelstat nello studio di fase II IMerge
Introduzione
I pazienti con sindrome mielodisplastica (MDS) a basso rischio, con malattia ricaduta o refrattaria al trattamento con gli agenti stimolatori dell’emopoiesi (ESA), hanno opzioni terapeutiche limitate. Imetelstat, un inibitore competitivo dell'attività enzimatica della telomerasi, è il capostipite di una nuova classe di farmaci aventi come bersaglio le cellule nelle quali l’enzima telomerasi è attivo, caratteristica riscontrata nei pazienti con MDS in tutti gli stadi della malattia. Di seguito riportiamo i risultati dello studio IMerge, pubblicati sul Journal of Clinical Oncology, che ha valutato l’attività di imetelstat nelle MDS a basso rischio.
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Terapia con cellule CAR T anti-CD30 nel linfoma di Hodgkin recidivante e refrattario
Introduzione
La terapia con CAR T si è dimostrata efficace nelle neoplasie a cellule B. Nel linfoma di Hodgkin (HL) ci sono pochi dati pubblicati fino ad ora. Ramos et al. hanno presentato sul Journal of Clinical Oncology i risultati di due studi paralleli di fase I/II condotti per valutare l’efficacia dell’approccio con CAR T specifiche per CD30 (CD30.CAR T) nel trattamento dell’HL.
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Follow-up a lungo termine della monoterapia con ibrutinib in pazienti sintomatici precedentemente trattati con macroglobulinemia di Waldenström
Introduzione
Nel 2012 Treon et al. hanno dimostrato, con il sequenziamento genico, che il 90% dei pazienti con macroglobulinemia di Waldenström (WM) presentava la mutazione puntiforme L265P di MYD88. Gli effetti biologici di questa mutazione includono l'attivazione della tirosin chinasi di Bruton (BTK) e altri effetti a valle; di conseguenza, l’inibizione di BTK diventava il razionale per un approccio terapeutico a questa malattia.Infatti, nello stesso anno partiva lo studio con ibrutinib in monoterapia in 63 pazienti con WM recidivanti/refrattari. Lo studio otteneva alti tassi di risposta e dati di sopravvivenza superiori a qualsiasi altro trattamento fino a quel momento utilizzato, seppur con follow-up molto breve. Di conseguenza, ibrutinib è stato il primo agente terapeutico approvato formalmente nella WM ed è diventato per molti medici il trattamento di scelta per i pazienti con malattia recidivante/refrattaria. In questo lavoro vengono riportati i risultati a lungo termine di questo studio pilota.
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Dasatinib-blinatumomab nei pazienti adulti affetti da leucemia linfoblastica Philadelphia-positiva
Introduzione
Nel trattamento di prima linea dei pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta (LLA) l'obiettivo primario è ridurre la probabilità di recidiva, che si concretizza nell’obiettivo primario di abbassare la carica tumorale a meno di una cellula tumorale su 10.000 cellule mononucleate di midollo emopoietico.Nella LLA il raggiungimento di una riduzione profonda e sostenuta della malattia minima residua (MRD) è associato a una maggiore possibilità di guarigione. L’obiettivo primario del trattamento è l’ottenimento della remissione molecolare.L’utilizzo di inibitori della tirosin chinasi (TKI) nel trattamento della LLA Philadelphia-positiva (Ph+) ha migliorato l’outcome di questi pazienti. Per questo motivo, negli ultimi 15 anni il gruppo GIMEMA ha adottato una strategia che riguarda il trattamento pre-fase con glucocorticoidi per una settimana, durante il quale tutti i pazienti con nuova diagnosi di LLA vengono valutati centralmente per la presenza o l'assenza del prodotto di fusione genica BCR-ABL1. Pazienti con LLA Ph+ ricevono una fase d’induzione che prevede l'utilizzo di un TKI (più glucocorticoidi) con profilassi del sistema nervoso centrale (SNC) senza chemioterapia sistemica.
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Sviluppo e validazione di un modello prognostico a quattro fattori per stimare la sopravvivenza dei pazienti affetti da leucemia linfatica cronica a cellule B in trattamento con ibrutinib
Introduzione
Il trattamento della leucemia linfatica cronica (LLC) è passato dal paradigma della chemioterapia aspecifica citotossica a quello di una terapia mirata. Elementi chiave della biologia della malattia, come il recettore delle cellule B e la regolazione dell'apoptosi, sono stati utilizzati per lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici. Di conseguenza, queste terapie mirate hanno cambiato drasticamente la gestione standard della LLC. Studi randomizzati hanno stabilito la superiorità della terapia con ibrutinib rispetto alla immuno-chemioterapia. Tuttavia, sebbene questi trattamenti raggiungano un eccezionale controllo della malattia, nella maggior parte dei casi sembrano non essere curativi a causa di un’inevitabile quota di ricadute durante o dopo il trattamento, in parte derivante da meccanismi di resistenza specifici. Diventa importante sviluppare strategie che consentano ai medici di creare delle linee guida di trattamento basate sulle caratteristiche sia dei pazienti sia della biologia della malattia. Questo lavoro rappresenta un passo importante in questa direzione nell’era del trattamento chemo-free della LLC. Gli autori hanno creato uno score prognostico clinico basato sui risultati di sopravvivenza di pazienti trattati con ibrutinib.
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Ivosidenib, inibitore dell'isocitrato deidrogenasi 1 mutato, in associazione con azacitidina nel trattamento della leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi
Introduzione
I regimi di chemioterapia intensiva (IC) sono spesso inadatti per pazienti anziani o individui con comorbidità. Gli agenti ipometilanti (ad esempio azacitidina, decitabina) possono indurre risposte e prolungare la sopravvivenza in pazienti non idonei per IC. Mutazioni nell'isocitrato deidrogenasi 1 e 2 (IDH1/2) si verificano in più tumori, compreso circa il 20% delle leucemie mieloidi acute (AML). Ivosidenib è un inibitore orale dell'enzima mutato isocitrato deidrogenasi 1 (IDH1), approvato per il trattamento dell’AML con IDH1-mutato (mIDH1). Il lavoro preclinico ha suggerito che l'aggiunta di azacitidina a ivosidenib potenzia la differenziazione e l'apoptosi correlate all'inibizione di mIDH1.
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Mortalità causa-specifica dopo chemioterapia di prima linea in pazienti affetti da linfoma di Hodgkin classico tra il 2000 e il 2016
Introduzione
Il motivo che ha spinto i ricercatori a questo mastodontico lavoro di metanalisi era la non chiara identificazione fino a questo momento delle reali cause di mortalità nei pazienti affetti da linfoma di Hodgkin classico (cHL) trattati durante un'era caratterizzata, negli Stati Uniti, dall'uso diffuso di doxorubicina, bleomicina, vinblastina e dacarbazina, e dal ridotto utilizzo della radioterapia.
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Inibizione della dipeptidil peptidasi 4 per la profilassi della malattia acuta del trapianto contro l'ospite
Introduzione
Dipeptidil peptidasi (DPP)-4, noto anche come CD26, è un recettore transmembrana espresso sui linfociti T che ha una funzione co-stimolatoria nell'attivazione dei linfociti T. In un modello murino, la de-regolazione della CD26 ha impedito lo sviluppo della malattia del trapianto contro l'ospite (GVHD), mentre gli effetti del trapianto contro il tumore sono rimasti preservati. Partendo da questo modello, gli sperimentatori hanno voluto testare sull’uomo se l'inibizione di DPP-4 con sitagliptin possa prevenire la GVHD acuta dopo il trapianto allogenico di cellule staminali.