Numero speciale di "Impact Factor News” n° 1 - Aprile 2022
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Mosunetuzumab in monoterapia mostra risposte complete e durature nei pazienti con linfomi a cellule B recidivanti o refrattari: studio di fase I sull'aumento della dose
Introduzione
Mosunetuzumab è un anticorpo bispecifico a lunghezza intera, umanizzato, a base di immunoglobuline G1, con doppio bersaglio per gli antigeni CD20 (cellule B) e CD3 (cellule T). Studi preclinici mostrano che mosunetuzumab induce una rapida e prolungata attivazione e proliferazione dei linfociti T e una potente lisi dei linfociti B che esprimono CD20, comprese le cellule di leucemia primaria e linfoma, sia in vitro sia in vivo, con il potenziale di aggirare la resistenza al rituximab. Mosunetuzumab è in fase di sviluppo per i linfomi non-Hodgkin a cellule B (B-NHL) recidivanti o refrattari (R/R).
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Strategia di post-induzione adattata alla risposta nei pazienti con linfoma follicolare in stadio avanzato: risultati dello studio FOLL12
Introduzione
L'uso di rituximab per il trattamento di mantenimento (RM) si basa su una dimostrazione formale della sua capacità di ridurre il rischio di progressione di linfoma follicolare (FL) rispetto alla sola osservazione. La tomografia a emissione di positroni con fluorodesossiglucosio (FDG-PET) è ora la tecnica consigliata per definire la risposta di fine induzione sulla base di criteri internazionali. La negatività della malattia minima residua (MRD) nel midollo osseo e nel sangue periferico è stata fortemente associata a un ridotto rischio di recidiva e la ricomparsa della MRD durante il follow-up può anticipare la progressione clinica. Un trattamento personalizzato sulla base della stratificazione del rischio può aiutare i pazienti più suscettibili a eventi di progressione e morte prematura. In questo lavoro, gli autori riportano i risultati a lungo termine, analizzati dopo un follow-up mediano di 50 mesi, dello studio FOLL12, che ha confrontato due anni di RM con un approccio di post-induzione adattato alla risposta in pazienti con FL che hanno risposto all'immunochemioterapia di induzione.
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Eltrombopag in aggiunta alla terapia immunosoppressiva per il trattamento dell’anemia aplastica severa
Introduzione
L'anemia aplastica severa è una malattia acquisita che comporta un'insufficienza midollare primaria e si manifesta con pancitopenia. La migliore evidenza di una patogenesi autoimmune viene dalla risposta dei pazienti al trattamento immunosoppressivo e da studi di laboratorio. Complessivamente, due terzi dei pazienti mostrano una risposta al trattamento immunosoppressivo standard con globulina antitimocitaria (ATG) equina più ciclosporina. Negli ultimi tre decenni, molti studi hanno purtroppo dimostrato il fallimento dei metodi per migliorare i risultati della terapia standard. Inoltre, lo sviluppo di neoplasie mieloidi rimane una complicanza problematica dopo la terapia immunosoppressiva e rappresenta dal 10 al 15% dei fallimenti tardivi del trattamento. Eltrombopag, un agonista orale dei recettori della trombopoietina, ha inizialmente dimostrato di essere efficace nei pazienti con anemia aplastica refrattari alla terapia immunosoppressiva. Nel 2017 uno studio di fase I-II a singolo braccio ha indicato che eltrombopag ha migliorato l'efficacia della terapia immunosoppressiva standard, che prevedeva ATG di cavallo più ciclosporina in pazienti con anemia aplastica severa.
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Venetoclax nei pazienti affetti da macroglobulinemia di Waldenström precedentemente trattati
Introduzione
La macroglobulinemia di Waldenström (WM) è caratterizzata dall'accumulo maligno di cellule linfoplasmocitiche secernenti immunoglobuline M (IgM) nel midollo osseo (BM) e in altri organi. La WM rimane incurabile e sono necessarie nuove opzioni terapeutiche. BCL-2 è un regolatore essenziale della via intrinseca dell'apoptosi nelle cellule normali e tumorali. BCL-2 è sovraespresso nelle cellule linfoplasmocitiche della WM, in particolare nei pazienti con WM con mutazioni MYD88 e con livelli di espressione di BCL-2 simili, indipendentemente dallo stato mutazionale di CXCR4. Venetoclax è un potente antagonista di BCL-2 e innesca l'apoptosi in vitro delle cellule WM. Resta da chiarire l'attività clinica in termini di efficacia e sicurezza di venetoclax nella WM.
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Combinazione di ixazomib con rituximab in formulazione sottocutanea e desametasone nei pazienti affetti da macroglobulinemia di Waldenström recidivante o refrattaria: analisi finale dello studio di fase I/II HOVON124/ECWM-R2.
Introduzione
Gli inibitori del proteasoma sono efficaci nella macroglobulinemia di Waldenström (WM) ma richiedono la somministrazione parenterale e sono associati a polineuropatia. In questo studio, gli autori hanno saggiato l'efficacia e la tossicità dell'inibitore del proteasoma orale ixazomib, meno neurotossico, combinato con rituximab in formulazione sottocutanea in pazienti con recidiva di WM.
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Meccanismi di resistenza agli inibitori non covalenti della tirosin-chinasi di Bruton
Introduzione
Gli inibitori della tirosin-chinasi di Bruton (BTK) covalenti (irreversibili) hanno trasformato il trattamento di molti tumori a cellule B, in particolare la leucemia linfatica cronica (LLC). Nonostante gli eccellenti risultati nei pazienti con LLC trattati con inibitori di BTK covalenti, in molti pazienti col passare del tempo si manifestano fenomeni di resistenza. Questa può insorgere attraverso molteplici meccanismi, comprese le mutazioni acquisite in BTK a livello del residuo C481, sito di legame degli inibitori di BTK covalenti. Sono stati sviluppati degli inibitori di BTK non covalenti (reversibili) per migliorare le proprietà farmacologiche degli inibitori covalenti, mantenendo allo stesso tempo la potenza contro le mutazioni C481 di BTK. Questi agenti non richiedono il legame con il residuo C481 di BTK e inibiscono efficacemente sia il BTK wild-type sia la forma mutata con sostituzioni di C481. Con l’avvento di nuove classi di farmaci nel trattamento della LLC, la comprensione dei meccanismi di resistenza a ciascuna classe di agenti è fondamentale. In letteratura non ci sono ancora dati sulla resistenza agli inibitori di BTK non covalenti.
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Daprodustat per il trattamento dell’anemia nei pazienti con insufficienza renale cronica: i risultati indipendenti degli studi ASCEND-D e ASCEND-ND
Introduzione
Tra i pazienti con insufficienza renale cronica (IRC), l'uso dell'eritropoietina (EPO) umana ricombinante e dei suoi derivati per il trattamento dell'anemia è stato collegato a un possibile aumento del rischio di ictus, infarto del miocardio e altri eventi avversi. L'inibizione degli enzimi prolil idrossilasi (PHD) sensibili all'ossigeno stabilizza i fattori inducibili dall'ipossia (HIF), che possono portare alla stimolazione della produzione endogena di EPO e di altri geni coinvolti nella correzione dell'anemia, in modo simile agli effetti fisiologici che si verificano nel corpo ad alta quota. Daprodustat è un inibitore dell’enzima PHD che regola HIF orale e appartiene a una nuova classe di farmaci orali (gli inibitori HIF-PHD). Diversi studi hanno suggerito che gli inibitori della prolil idrossilasi (PHI) di HIF sono efficaci quanto gli agenti stimolanti l'eritropoiesi (ESA) nell'aumentare i livelli di emoglobina. Gli studi ASCEND-D e ASCEND-ND hanno confrontato l’inibitore HIF-PHD orale daprodustat con ESA convenzionali per il trattamento dell'anemia, rispettivamente in pazienti con malattia renale cronica sottoposti o non sottoposti a dialisi. I risultati dei due studi sono stati pubblicati da Singh sul New England Journal of Medicine.
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Efficacia di diversi approcci di induzione, consolidamento e mantenimento basati su carfilzomib in pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi: i risultati dello studio di fase II FORTE
Introduzione
Lo studio FORTE è stato disegnato per valutare l'efficacia e la sicurezza di diversi approcci di induzione e consolidamento basati su carfilzomib in combinazione con lenalidomide e desametasone (KRd) o ciclofosfamide e desametasone (KCd) con o senza trapianto (ASCT), e del trattamento di mantenimento con carfilzomib più lenalidomide rispetto a lenalidomide da solo nel mieloma multiplo (MM) di nuova diagnosi. Lo standard di cura per questi pazienti, se candidabili, è costituito da terapia di induzione a base di bortezomib, seguita da melfalan ad alte dosi (200 mg/m2) con trapianto autologo di cellule staminali (MEL200-ASCT) e trattamento di mantenimento con il solo lenalidomide.
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Axicabtagene ciloleucel a confronto con terapia standard in seconda linea nel linfoma non-Hodgkin-B aggressivo: i risultati dello studio ZUMA-7
Introduzione
Lo standard di cura (SoC) con intento curativo per i pazienti con linfoma a grandi cellule B recidivato/refrattario (DLBCL R/R) dopo la terapia di prima linea è rappresentato dalla chemioimmunoterapia (CIT) di salvataggio, seguita da consolidamento con terapia ad alte dosi (HDT) e trapianto di cellule staminali autologhe (ASCT). Tuttavia, la prognosi dei pazienti refrattari o in recidiva precoce non è soddisfacente. Axicabtagene ciloleucel (axi-cel) è una terapia autologa a linfociti T con recettore dell'antigene chimerico (CAR-T) anti‑CD19 approvata nei linfomi aggressivi R/R ad almeno due linee di terapia. Lo studio ZUMA-7 (NCT03391466) è stato condotto per valutare l’efficacia dell’uso di axi-cel in seconda linea.
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Tisagenlecleucel a confronto con terapia standard in seconda linea nel linfoma non-Hodgkin-B aggressivo: i risultati dello studio BELINDA
Introduzione
L’outcome clinico dei linfomi non-Hodgkin aggressivi a cellule B che non rispondono o progrediscono entro 12 mesi dalla terapia di prima linea è spesso insoddisfacente. Tisagenlecleucel (tisa-cel) è una terapia a cellule T con recettore dell’antigene chimerico (CAR-T) anti-CD19, il cui uso è attualmente approvato nel linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) dopo almeno due linee di trattamento.
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Studio POLARIX: Pola-R-CHP vs R-CHOP nel linfoma diffuso a grandi cellule B
Introduzione
Da tempo R-CHOP (rituximab, ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisone) rappresenta lo standard terapeutico nel linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL), con un tasso di guarigione del 60%. Lo studio di fase III POLARIX ha testato l’efficacia di polatuzumab vedotin, un anticorpo farmaco-coniugato (ADC) anti-CD79b, in combinazione con rituximab più ciclofosfamide, doxorubicina e prednisone (pola-R-CHP) rispetto a R-CHOP, con l’obiettivo di migliorare gli outcome clinici nel DLBCL in prima linea.
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Ibrutinib e rituximab nei pazienti anziani affetti da linfoma mantellare
Introduzione
La maggior parte dei pazienti con diagnosi di linfoma mantellare (MCL) ha più di 65 anni. L'età, congiuntamente con il performance status e il numero di comorbidità, è predittiva degli esiti clinici in questa popolazione di pazienti. Il trattamento standard per i pazienti anziani con MCL è basato sulla chemioimmunoterapia, tuttavia questa strategia determina un alto grado di tossicità. Gli inibitori della tirosin-chinasi di Bruton, come ibrutinib, hanno mostrato risultati promettenti in studi clinici precedenti nel MCL. Jain e colleghi hanno valutato la sicurezza e l'efficacia della combinazione chemo-free ibrutinib + rituximab (IR) nei pazienti anziani con MCL non precedentemente trattato, con risultati interessanti.