Numero speciale di "Impact Factor News” n° 1 - Aprile 2019
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Hu5F9-G4 anticorpo anti CD47 e rituximab nel linfoma non Hodgkin a cellule B
Introduzione
L’anticorpo Hu5F9-G4 (denominato successivamente 5F9) è un inibitore del checkpoint del sistema macrofagico che attraverso il blocco immunologico operato sull’antigene CD47 induce la fagocitosi delle cellule tumorali. L’anticorpo 5F9 “sinergizza” con rituximab nell’eliminare in particolare le cellule tumorali della linea del linfoma non Hodgkin a cellule B (LNH-B) amplificando la fagocitosi cellulare anticorpo-dipendente.
In questo lavoro gli sperimentatori hanno voluto testare clinicamente questa combinazione. -
Tisagenlecleucel nei pazienti adulti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule recidivato/refrattario
Introduzione
I pazienti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule B refrattari a terapie di prima o seconda linea o che sono recidivati dopo chemioterapia ad alte dosi hanno una prognosi infausta a breve termine.
La terapia con cellule T con recettore chimerico antigenico [(CAR) T-cell] tisagenlecleucel intercettano ed eliminano le cellule B che esprimono l’antigene CD19.
In questo studio di fase 2a, condotto da un singolo Centro, gli Sperimentatori hanno dimostrato che la terapia con tisagenlecleucel è efficace nel trattamento dei pazienti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule (DLBCL) recidivati/refrattari. -
Terapia con recettori chimerici dell’antigene CD19 per i pazienti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule B recidivato/refrattario
Introduzione
La terapia con linfociti T con recettore chimerico diretto all’antigene CD19 [(CAR) T-cell] ha ottenuto effetti clamorosi in termini di efficacia nel trattamento di pazienti affetti da linfoma aggressivo diffuso a grandi cellule B resistente alla chemioterapia standard. Attualmente vi sono due prodotti approvati dalla US Food and Drug Administration (FDA), disponibili per il trattamento di questi pazienti. Un terzo prodotto verrà approvato nei prossimi mesi (Figura 1). Un quesito si pone ora: c’è un prodotto migliore per il mio paziente o più adatto al mio paziente? Effettivamente la risposta a questa domanda è più complicata di un semplice bilancio tra efficacia e tossicità (Tabelle 1 e 2).
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Sicurezza e attività a lungo termine di axicabtagene ciloleucel nel linfoma diffuso a grandi cellule B (ZUMA-1): risultati di uno studio di fase 1-2 multicentrico a singolo braccio
Introduzione
Axicabtagene ciloleucel è una terapia autologa anti-CD19 con recettore antigenico chimerico delle cellule T (CAR T-cell). Nella precedente analisi dei dati dello studio di registrazione di ZUMA-1, con una mediana di follow-up di 15,4 mesi (intervallo: 13,7–17,3), 89 di 108 pazienti (82%) con linfoma aggressivo diffuso a grandi cellule B refrattari, trattati con axicabtagene ciloleucel hanno ottenuto una risposta oggettiva, 63 pazienti (58%) hanno ottenuto una remissione completa. In questo lavoro sono riportati i dati di outcome a lungo termine sull’attività e la sicurezza dello studio ZUMA-1.
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Nivolumab nei pazienti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule B recidivati/refrattari non candidabili a chemioterapia ad alte dosi o progrediti dopo la procedura: risultati dello studio di fase 2, singolo braccio
Introduzione
Le opzioni terapeutiche nei pazienti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) recidivati/refrattari sono limitate. Le cellule tumorali sono in grado di sfruttare il percorso di checkpoint di morte cellulare programmata tipo 1(PD-1) per evadere la sorveglianza immunologica inibendo l’apoptosi. In questo lavoro gli Autori hanno valutato l’efficacia e la sicurezza dell’inibitore di PD-1 nivolumab nei pazienti affetti da DLBCL recidivati/refrattari.
Lo studio purtroppo ha fallito il suo obiettivo, a differenza di quanto osservato nel linfoma di Hodgkin. Abbiamo comunque scelto di proporlo in questo numero per lasciare aperto l’interesse per l’immunoterapia degli inibitori del checkpoint. -
Venetoclax in combinazione con decitabina o azacitidina nel trattamento della leucemia mieloide acuta dell’anziano
Introduzione
L’outcome dei pazienti anziani affetti da leucemia mieloide acuta (AML) non candidabili alla chemioterapia standard rimane insoddisfacente per le caratteristiche genomiche sfavorevoli della malattia e per la presenza di comorbidità e/o ridotta funzione d’organo del paziente.
La sovraespressione di BCL-2 è implicata nella sopravvivenza delle cellule AML e nella refrattarietà ai trattamenti. In questo setting di pazienti Di Nardo e coll. hanno testato la sicurezza e l’efficacia dell’aggiunta dell’anti BCL-2 venetoclax alla terapia standard con ipometilanti. -
CPX-351: miglioramento della sopravvivenza nei pazienti affetti da leucemia mieloide acuta "therapy related" non pretrattata
Introduzione
CPX-351 è una formulazione liposomiale di daunorubicina (DNR) e citarabina (ARA-C) co-incapsulate con rapporto molare 1:5 tra i due farmaci. Un precedente studio di fase 2 ha dimostrato che il trattamento con CPX-351 conferisce un vantaggio in termini di tasso di remissione completa e di sopravvivenza globale rispetto alla chemioterapia standard con citarabina e daunorubicina (regime 7 + 3) nei pazienti anziani affetti da leucemia mieloide acuta secondaria non pretrattata (sAML) (Blood 2014; 123: 3239–3246). Su JCO sono stati recentemente pubblicati i risultati favorevoli dello studio di fase 3 nello stesso tipo di pazienti.
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Terapia con ibrutinib versus chemioimmunoterapia nei pazienti anziani con leucemia linfocitica cronica in prima linea
Introduzione
Ibrutinib è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) per il trattamento di pazienti con leucemia linfocitica cronica (LLC) in prima linea dal 2016, lo standard in prima linea è oggi rappresentato dalla chemioimmunoterapia. Gli Sperimentatori hanno quindi condotto uno studio di fase 3 per valutare l'efficacia di ibrutinib, da solo o in combinazione con rituximab, rispetto alla chemioimmunoterapia per sondare un nuovo standard di trattamento per il paziente definito anziano ossia con età >65 anni.
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Il trattamento con venetoclax-rituximab alla durata fissa di due anni nella leucemia linfatica cronica recidivata/refrattaria è in grado di eradicare la MRD e di prolungare la sopravvivenza: Risultati post-trattamento dello studio di fase 3 MURANO
Obiettivo
Lo studio MURANO ha dimostrato un significativo vantaggio in termini di sopravvivenza libera da progressione (PFS) per venetoclax-rituximab a durata fissa di due anni rispetto a bendamustina-rituximab nel trattamento della leucemia linfatica cronica recidivata/refrattaria.
In questo lavoro, gli Autori hanno voluto riportare un aggiornamento dei risultati con tutti i pazienti ormai fuori dal trattamento, e hanno inoltre riportato i dati di cinetica riguardanti la malattia minima residua (MRD). -
Elotuzumab pomalidomide e desametasone: una nuova combinazione nel mieloma multiplo recidivato/refrattario
Introduzione
Nel mieloma multiplo (MM) recidivato/refrattario l'aggiunta dell’anticorpo monoclonale immunostimolante elotuzumab alla classica combinazione lenalidomide desametasone si è dimostrata efficace, analogamente la combinazione pomalidomide e desametasone (PomDex) è attiva nel MM refrattario alla lenalidomide e a un inbitore del proteosoma. Dimopuolos e coll. hanno pubblicato sul NEJM i risultati dello studio ELOQUENT-3, ideato per valutare l’attività della combinazione di elotuzumab con pomalidomide e desametasone nei pazienti affetti da MM refrattario alla lenalidomide.
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Terapia di mantenimento con ixazomib dopo il trapianto autologo: risultati dello studio randomizzato di fase 3 TOURMALINE-MM3
Introduzione
Nel mieloma multiplo di nuova diagnosi la somministrazione del mantenimento dopo il trapianto autologo (ASCT) può ritardare la progressione della malattia e prolungare la sopravvivenza. Dimopulos e coll. hanno presentato su Lancet i risultati dello studio TOURMALINE-MM3 nel quale ixazomib, inibitore delle proteasi con somministrazione orale settimanale e basso profilo di tossicità, è stato valutato in termini di sicurezza ed efficacia nel mantenimento dopo ASCT.
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Selinexor associato a bortezomib monosettimanale e a desametasone promettente nei pazienti affetti da mieloma multiplo recidivato/refrattario
Introduzione
Selinexor è un inibitore orale dell'esportazione della proteina di esportazione nucleare 1 (XPO1). Gli studi preclinici hanno dimostrato che la molecola agisce sinergicamente con gli inibitori del proteasoma (PI) nel sopprimere la via di segnalazione di NF-kB e favorendo la ritenzione nucleare degli oncosoppressori. Su Blood sono stati recentemente pubblicati i risultati dello studio clinico di fase 1b/2 relativi alla combinazione di selinexor con bortezomib a basso dosaggio e desametasone (SVd) in pazienti affetti da mieloma multiplo (MM) recidivante o refrattario.
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Caplacizumab efficace nel trattamento della porpora trombotica trombocitopenica acquisita
Introduzione
Nella porpora trombotica trombocitopenica acquisita (TTP), il deficit immuno-mediato di ADAMTS13 (proteasi di clivaggio del fattore von Willebrand), consente un'adesione incontrollata dei multimeri del fattore di von Willebrand (vWF) alle piastrine e provoca microtrombosi, il che si traduce in trombocitopenia severa, anemia emolitica microangiopatica e ischemia tissutale.
Caplacizumab è un nano anticorpo bivalente anti-vWF che inibisce l'interazione tra multimeri di vWF ad alto peso molecolare e le piastrine. Il NEJM ha recentemente pubblicato i risultati dello studio HERCULES che ha testato l’attività di caplacizumab in associazione alla terapia standard nei pazienti affetti da TTP.